sabato 9 aprile 2016

Il mondo e Israele: complicità nei crimini sionisti e perché. Cosa mi disse Jimmy Carter

L'ex presidente degli USA Jimmy Carter e la moglie Rosalynn


di Alan Hart

Devo cominciare con un chiarimento. "Il mondo" del mio titolo è abitato solo dai nostri cosiddetti capi e dai loro governi, non dalle società civili delle nazioni. E la complicità dei nostri cosiddetti capi e dei loro governi nei crimini del sionismo è a mio avviso più per una impostazione predefinita, per paura di offendere il sionismo che un progetto. Ma ciò non rende la complicità meno reale a tutti gli effetti.
La paura che i capi occidentali e i loro consulenti di politica estera hanno di offendere il sionismo è più complessa di quanto anche alcuni dei critici più informati e percettivi delle politiche e degli atti di Israele sembrano valutare.
Sì, una parte del motivo per il rifiuto dei governi occidentali (quello di Washington in particolare) di utilizzare la loro leva per cercare di spingere Israele a porre fine alla sua sfida del diritto internazionale e al diniego della giustizia per i palestinesi è la paura di perdere i soldi e i voti per la campagna elettorale e la paura di essere sopraffatti da false accuse di antisemitismo.



Ma l'altro, e secondo me il motivo più importante, è la paura di ciò che il bambino mostro del sionismo, dotato di armi nucleari, potrebbe fare se fosse spinto più in là del limite che i suoi capi illusi non fossero disposti ad oltrepassare per il bene della pace basata su una quantità accettabile di giustizia per i palestinesi e di sicurezza per tutti.
Lo statista che mi avvisò di questa paura fu il presidente Jimmy Carter in una conversazione privata che mia moglie ed io avemmo con lui e Rosalynn dopo il mancato secondo mandato alla Casa Bianca. (Carter mi invitò a un incontro con lui per informarlo sulla mia esperienza, quando nel 1980 accettai la sfida di essere l’uomo di contatto in un dialogo segreto, esplorativo tra Arafat e Shimon Peres. All'epoca Peres era capo dell'opposizione in Israele e riteneva che avrebbe vinto successive elezioni in Israele e negato a Begin un secondo mandato diventando lui stesso primo ministro. Quando Carter mi invitò a un incontro con lui mi chiese di portare mia moglie perché, disse, lui e Rosalynn lavoravano come una squadra).
In questa conversazione, che ha il suo contesto in UN CONFLITTO SENZA FINE ?, il sottotitolo del Terzo Volume del mio libro Sionismo: Il vero nemico degli ebrei, riportai Carter indietro ai primi mesi del suo primo e unico mandato nel 1977 e alla sua reale volontà, quindi, di costruire e spingere in avanti un piano per una pace globale e duratura in Medio Oriente.
Ero consapevole del fatto che, quando il 20 maggio 1977 divenne chiaro che, contro ogni aspettativa, Menachem Begin (il leader terrorista di maggior successo dei tempi moderni) avrebbe vinto un secondo mandato come primo ministro di Israele, Carter, che aveva accolto privatamente la mia non ufficiale nomina a navetta diplomatica, era disperato. Capì che non aveva alcuna possibilità di superare l'inevitabile opposizione di un Israele guidato da Begin e dalla lobby sionista in America per il suo piano per una pace globale e, prima di tutto, la costruzione di un quadro di negoziati.
E questo fu il motivo per cui Carter incaricò Cyrus Vance, il suo nuovo e ammirevole segretario di Stato, a lavorare con l'Unione Sovietica sulla elaborazione di una dichiarazione congiunta USA-URSS dei Principi su cui una pace globale doveva basarsi. Carter si permise di credere, o forse solo di sperare, che i tirapiedi del sionismo nel Congresso, nel Senato in particolare, non avrebbero osato cercare di bloccare un'iniziativa congiunta delle superpotenze.
La dichiarazione congiunta USA-URSS dei Principi fu pubblicata il 1 ° ottobre 1977. Si trattò, sulla carta, della migliore iniziativa diplomatica tra  americani e sovietici. Era un progetto di massima per un soluzione globale di ciò che fu poi chiamato il conflitto arabo-israeliano che non solo conteneva tutti gli ingredienti necessari per la pace ma li presentava in un modo calcolato per evitare un rifiuto istintivo da ciascuna delle parti. L'OLP non era menzionato per nome - questo serviva per facilitare ad Israele l’accettazione della dichiarazione come un documento di discussione; e non c’era alcun riferimento alla risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - questo per facilitare l’OLP di Arafat a dare il suo sigillo di approvazione.
In sostanza, la dichiarazione congiunta USA-URSS richiedeva agli stati arabi e ai palestinesi di fare la pace con Israele, e quindi di riconoscerlo formalmente e legittimarlo alla fine del processo negoziale. Questo doveva essere in cambio di un ritiro israeliano "dai territori occupati nel conflitto del 1967." Oltre alla vera pace, a Israele doveva essere offerta una garanzia da entrambe le due superpotenze della sua esistenza; e gli israeliani erano tenuti a riconoscere "i diritti legittimi del popolo palestinese". L'implicazione ovvia era che dopo un ritiro israeliano, un mini-stato palestinese sarebbe stato creato in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
L'idea era che "i rappresentanti di tutte le parti coinvolte tra cui i palestinesi", si sarebbe trovati a Ginevra per parlare delle loro proposte per porre fine al conflitto sulla base dei principi fissati nella Dichiarazione congiunta USA-URSS.
La proposta fu salutata dalla maggior parte dei mezzi di informazione in tutto il mondo occidentale (e non solo) come una vera e propria rivoluzione che offriva una reale speranza per una pace reale.



Cosa accadde? Gli stati arabi e l'OLP accolsero e accettarono la dichiarazione congiunta USA-URSS come una base per i negoziati per portare alla pace con Israele. Dato che l'OLP non era stata citata per nome, e siccome non c'era un impegno specifico per l'istituzione di un mini-stato palestinese, una minoranza di capi palestinesi (non la corrente principale) era scontenta e fece i soliti clamori del rifiuto, ma Arafat non ebbe difficoltà a ottenere il suo tradizionale appoggio (e di maggioranza) dei colleghi della dirigenza per accettare la dichiarazione come base per i negoziati con Israele.
Alcuni anni più tardi chiesi ad Arafat se avesse veramente creduto che gli americani e i sovietici avessero aperto la porta alla pace. E dissi a Carter esattamente quello che Arafat mi rispose.
CITAZIONE
Sì, sì, sì. Ero molto felice. Molto eccitato. Fu un momento storico. Per la prima ora le due superpotenze erano impegnate a fare qualcosa per noi palestinesi. Veramente he  ci sarebbe stata la pace con un po 'di giustizia per il mio popolo. Ero più ottimista che in qualsiasi momento nella mia vita.
CHIUSE VIRGOLETTE
Israele respinse la dichiarazione di USA-URSS.
Il Generale Moshe Dayan, il guercio signore della guerra di Israele ed ex ministro della Difesa, aveva cambiato casacca per diventare ministro degli Esteri nel governo di coalizione di Begin al suo secondo mandato, e lui, il Primo Ministro Begin, mandò Dayan a Washington a fare il bullo e ricattare il presidente Carter con l’intento di stracciare la Dichiarazione congiunta USA-URSS e sostituirla con un memorandum d'intesa congiunto USA-Israele, i cui termini Dayan più o meno dettò a Carter e Vance. (Dayan da lungo tempo era convinto che il compito di Israele non era quello di esplorare le prospettive per la pace ma di creare fatti di insediamento sul terreno. Secondo un rapporto pubblicato da TIME, Dayan era noto, poco prima della guerra del 1973, per questa affermazione. "Non c'è più la Palestina. È' finita!")
Il memorandum d’intesa congiunto USA-Israele , in effetti, era l'elenco delle condizioni di Israele per la sua partecipazione a una conferenza di Ginevra. La Palestina era tornata ad essere un "problema di rifugiati", in altre parole i palestinesi non avevano il diritto all'autodeterminazione; la 242 era all'ordine del giorno, il che significa che l'OLP non poteva essere coinvolta; e Israele avrebbe "discusso", non negoziato a proposito della Cisgiordania. Dayan annunciò anche che Israele avrebbe abbandonato qualsiasi conferenza di Ginevra se la questione di uno stato palestinese fosse stata portata sul tavolo. La domanda che volevo esplorare in profondità con Carter era il motivo per cui, in realtà, si era arreso a Dayan e al suo nuovo padrone politico, Menachem Begin.

La conversazione si svolse nell’equivalente Studio Ovale presso il Carter Center di Atlanta dove, in collaborazione con la Emory University, Jimmy e Rosalynn avevano istituito una fondazione non-profit che è stata orientata dal loro vero impegno per i diritti umani, per la lotta alla sofferenza umana, per la prevenzione e risoluzione dei conflitti e per fare avanzare le prospettive della libertà e della democrazia e migliorare la salute. Fin dall'inizio sapevo che stavo per avere una conversazione molto onesta con Carter e spiego il perché. Io e mia moglie fummo portati all’incontro coi Carter da uno dei loro supervisori della lobby sionista. Quando chiuse le porte alle spalle di noi cinque, era chiaramente inteso che si sarebbe seduto con noi e sarebbe stato in grado di riferire ai suoi padroni ciò che era stato detto. Jimmy alzò la mano sinistra in un gesto di arresto e disse al supervisore: "Ti prego, lasciaci. Io e Rosalynn vogliamo stare soli con Alan e Nicole".
Quando mi fui concentrato sul perché Carter si era arreso a Dayan e Begin e strappato la dichiarazione congiunta USA-URSS, dissi che in quel momento girava la voce che gli era stato detto che poteva dimenticare di essere rieletto per un secondo mandato, se avesse chiesto a Israele di fare ciò che i suoi capi avrebbero considerato mosse inaccettabili per la pace. Allora dissi a Carter che non mi aveva convinto l'idea che la minaccia di ritirare i fondi e i voti ebraici per la campagna sarebbe stata sufficiente per indurlo a fare marcia indietro. Egli si trovava, continuai, a meno di 10 mesi dopo il suo primo mandato, probabilmente era preso dalla tradizionale minaccia del ricatto sionista nella sua equazione, e conclusi che la pace che egli sicuramente poteva favorire, con l'assistenza sovietica, gli avrebbe fatto guadagnare il sostegno della maggior parte degli ebrei americani, permettendogli di mettere fuori gioco la lobby sionista.
Terminai il mio discorso dicendo con un sorriso: "Signor Presidente, se le fosse stato permesso di raggiungere la pace, la costituzione poteva essere modificato per consentire un terzo mandato!"
Carter sorrise e disse che la mia ipotesi, che una minaccia per negargli un secondo mandato non sarebbe stata sufficiente per eliminarlo dalla competizione, era essenzialmente corretta. Poi mi raccontò la sostanza della minaccia che Dayan effettivamente gli aveva rivolto. Se avesse spinto Israele troppo lontano, Begin avrebbe lasciato il guinzaglio dell'IDF (l'esercito israeliano) nella regione e avrebbe, tra le altre cose, invaso il Libano con due obiettivi: liquidare l'OLP e prendere possesso del territorio libanese a sud del fiume Litani.
Carter era, naturalmente, del tutto consapevole che una tale dimostrazione di arroganza del potere di Israele avrebbe destabilizzato la regione e avrebbe potuto anche rendere inaccessibile per sempre una pace globale.
Come mi disse Carter, questo fu lo svolazzo finale di Dayan.
CITAZIONE
Signor Presidente lei deve sapere che il mio primo ministro è pazzo. Potrebbe anche bombardare i pozzi di petrolio del Golfo.
CHIUSE VIRGOLETTE
Un'altra verità che Carter mi rivelò era che ogni presidente americano ha solo due finestre di opportunità per affrontare la lobby sionista: i primi nove mesi del suo primo mandato, perché dopo di ciò comincia la raccolta di fondi per le elezioni di medio termine; e l'ultimo anno del suo secondo mandato se lo ha avuto. (Nell'ultimo anno del suo secondo mandato il Presidente Obama si è lavato le mani del conflitto in e sulla Palestina che è diventata Israele e se ne è infischiato). La crescente paura che tutti i capi di stato occidentali (e anche gli altri) hanno di affrontare lo stato sionista (non ebraico) consiste nella loro conoscenza, che non potranno mai ammettere di avere, del fatto che Israele possiede armi nucleari. Sanno che i capi israeliani li hanno acquisiti non per difesa, ma per la necessità di avere una carta di ricatto nucleare, per consentire loro di dire a ogni presidente americano: "Non spingerci troppo lontano o useremo queste cose!"
Nel mio libro cito Dayan che me lo ammette in nodo evidente durante una conversazione che ebbi con lui nel 1969.
Quando aggiungo che il Primo Ministro Golda Meir mi disse in un'intervista per la BBC del programma “Panorama”,  che in una situazione di giorno del giudizio Israele sarebbe disposto "a inghiottire la regione e il mondo assieme ad esso"- penso che una sola conclusione sia consentita.
La complicità a priori dei capi occidentali (e di altri) coi crimini del sionismo non finisce mai perché Israele è, come è stato a lungo, un mostro dotato di armi nucleari al di là di ogni controllo.
Nota
Quanto sopra sarà il mio ultimo articolo per diversi mesi. Come stanno le cose e come sembrano andare non ci sarà nulla di nuovo da dire fino a quando Hillary Clinton non avrà vinto la corsa alla Casa Bianca.
Il mio ultimo articolo, prima di prendere una pausa, sarà il testo di una presentazione che tra breve farò in Italia a sostegno della pubblicazione della versione italiana del mio libro. (Come previsto la lobby sionista ha messo grandi sforzi per cercare di impedire la pubblicazione, ma le sue minacce sono state controproduttive). Il titolo del mio intervento italiano è La Palestina e il sionismo: Tutta la verità. Durante la mia pausa dal commentare gli eventi in Israele-Palestina, lavorerò su un libro che sto scrivendo sulle mie esperienze di apprendimento a livello mondiale e quello che mi hanno insegnato sul perché il nostro mondo è in un pasticcio così pericoloso e ciò che deve essere fatto se i nostri figli e nipoti devono avere un futuro degno di questo nome. Il titolo che ho assegnato al libro è I nostri figli non ci perdoneranno.


(TRADUZIONE DI DIEGO SIRAGUSA)

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